mercoledì 8 aprile 2015

Giannopoulos: “La pallanuoto può parlare anche l'arabo”


La chiamano “The Wow” ed è ritenuta la piscina più bella del mondo. Parliamo dell’Hamdan bin Mohammed bin Rashid Sports Complex di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, il futuristico impianto che nella scorsa estate ha ospitato la Super Final di World League. La struttura, in realtà, ospita eventi sportivi di ogni tipo, dal basket al badminton, convention e concerti, ma ha di sicuro nella sua vasca hi-tech l’elemento che lascia a bocca aperta i suoi visitatori. “La piscina da cinquanta metri ha un pavimento semovibile, che ne regola la profondità, e può dividersi in due vasche da 25 in soli 6 minuti, grazie ad una parete che viene fuori dal fondo”. A raccontarci la meraviglia dell’Hamdan è Kyriakos Giannopoulos, 55 anni, ex capitano della Grecia che può vantare la bellezza di quattro partecipazioni alle Olimpiadi (’80, ’84, ’88 e ’92). Managing director della megastruttura di Dubai dal 2010, Giannopoulos è anche impegnato nel difficile compito della promozione della pallanuoto negli Emirati, un paese in cui la water polo, fino a qualche anno fa, era pressoché sconosciuta.
Giannopoulos, come ci è finito negli Emirati Arabi?
È capitato 5 anni fa. Dalle Olimpiadi di Atene 2004 al 2009 sono stato il general manager di tutto il complesso olimpico, poi nel 2010 mi è arrivata la proposta del governo di Dubai di venire a dirigere una delle più grandi piscine del mondo, la Hamdan, che allora era ancora in costruzione. Stavano per ospitare grandi eventi sportivi, come i Mondiali in vasca corta del 2010, e avevano bisogno di qualcuno con esperienza. Ho accettato e, dopo, mi hanno chiesto di restare.
Da allora risiede a Dubai, dove lavora anche per lo sviluppo della pallanuoto.
Siamo specializzati nell’organizzazione di eventi, la Hamdan è considerata la piscina più bella al mondo e non solo dalla gente degli Emirati. Quanto alla pallanuoto, proviamo a farla conoscere organizzando molte manifestazioni sia locali che internazionali, grazie alla collaborazione della Fina, della federazione asiatica (l’AASF) e di quella degli Emirati. Grazie a questi eventi proviamo ad alzare un po’ il livello degli sport acquatici nella regione di Dubai.
Ha registrato una crescita della pallanuoto negli Emirati in questi 5 anni?
Quando sono arrivato, c’erano una decina di società di nuoto e nessuna di pallanuoto. Adesso ci sono 45 club che praticano nuoto e 20 la water polo. Non è molto e non posso dirmi soddisfatto, ma si tratta di un passo avanti importante. Questa non è l’Europa, non è facile far sviluppare uno sport come la pallanuoto che qui non ha tradizione. Il calcio attrae la maggior parte dei ragazzi e poi c’è una mentalità diversa: gli sport difficili non sono particolarmente amati. E il nostro è molto difficile… Tuttavia attualmente abbiamo 300 ragazzi che giocano a pallanuoto. Il nostro sogno è che presto una nazionale degli Emirati Arabi partecipi a eventi internazionali come i campionati giovanili Under 17.
Come stanno lavorando gli Emirati per raggiungere questo obiettivo?
C’è un allenatore nazionale che coordina la crescita dei ragazzi, il serbo Nikola Radojicic, ex Partizan. E la federazione è molto aperta a suggerimenti anche da parte nostra. Al momento ci sono due campionati giovanili, con 14 squadre iscritte al torneo per i bambini dai 9 agli 11 anni e 18 team a quello per i ragazzi dai 12 ai 14. L’attività qui alla Hamdan si svolge nei week end, venerdì e sabato, ma poi in estate, alla fine di giugno, si ferma per il ramadan. Non esiste ancora, invece, un campionato per adulti, ma dovrebbe iniziare entro la fine dell’anno, con 12 squadre iscritte.
La Hamdan ha ospitato nella scorsa estate la Super Final di World League. Quell’evento ha contribuito a rendere più popolare la pallanuoto?
A vedere le partite è venuta tanta gente, ma non sono sicuro che la World League sia riuscita a far conoscere di più la pallanuoto alla gente degli Emirati. Tra i paesi arabi c’è chi è più avanti, come l’Arabia Saudita o il Kuwait, che ha un buon livello di pallanuoto e anche dei team di professionisti. A Dubai c’è ancora bisogno di tempo e bisognerà passare prima dalla crescita dei giovani. L’Haba Waba, in questo senso, può essere una strada molto utile: un mese fa abbiamo discusso con la Federazione la possibilità di mandare un team degli Emirati all’edizione del 2016.
Lei è stato un grande giocatore: per il futuro si vede in un ruolo tecnico, oltre che dirigenziale, nella pallanuoto degli Emirati?
Ho chiuso con la pallanuoto a bordovasca, il mio è un lavoro manageriale. Il mio compito, adesso, è quello di far innamorare anche gli arabi del nostro sport.
Un'immagine della Hamdan di Dubai

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